| Gruppo giornalisti pensionati
Sette giornalisti da mesi senza pensione: Inps non accetta le regole Inpgi sulla Cassa
Ci sono sette giornalisti vittime del passaggio della previdenza di categoria da Inpgi a Inps. Si sono dimessi a febbraio e marzo del 2023 per accedere al prepensionamento, dopo aver effettuato il passaggio di tre mesi in cassa integrazione a rotazione con tutta la redazione che era previsto dalle regole Inpgi. Ma l’Inps, dopo una circolare del gennaio 2023 che sembrava recepire di fatto la prassi dell’Inpgi, ha negato l’erogazione delle pensioni chiarendo, nel marzo del 2023, che le sue regole prevedono invece 90 giorni effettivi di cassa integrazione.
QUATTRO TESTATE
I giornalisti “esodati” lavoravano al Corriere dello Sport (tre), al Mattino (due), uno al Corriere Adriatico e uno al Sole 24 Ore.
Tutti gli accordi per questi prepensionamenti erano stati firmati prima del 30 giugno 2022, data del trasferimento delle funzioni Inpgi all’Inps. Soltanto sette mesi più tardi l’Inps ha varato una circolare per esplicitare le sue modalità, dopo aver, nel frattempo, autorizzato altri prepensionamenti per i quali ha applicato in toto le regole Inpgi.
Si è creato cosi il paradosso che in una stessa azienda editoriale alcuni giornalisti sono andati regolarmente in prepensionamento e altri, senza alcuna colpa, sono diventati “esodati”. I sette giornalisti si trovano così da 5-6 mesi senza pensione e senza stipendio e ora stanno ricevendo ufficialmente dall’Inps il diniego della pensione. Né finora hanno portato risultati i tentativi di intervento della Fnsi sullo stesso Inps e sul Ministero del lavoro per evitare una così clamorosa disparità di trattamento.
IMPEGNI ASSUNTI
Tra l’altro, solo al Mattino lo stato di crisi è ancora aperto e quindi sarebbe possibile per l’Azienda reintegrare subito gli esodati e permettere loro di effettuare i 90 giorni di cassa. Al Corriere dello Sport, Corriere Adriatico e Sole 24 Ore gli stati di crisi sono conclusi e quindi ci sarebbe bisogno di una proroga.
I sette giornalisti possono, in ogni caso, invocare la “clausola di salvaguardia”, esplicitamente prevista negli accordi firmati al Ministero, che tutela i redattori dimissionari dal rischio di essere esodati. Nei prossimi giorni i Cdr e la Fnsi chiederanno alle varie aziende il rispetto degli impegni assunti.