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Ordine dei giornalisti, il documento di Assostampa: "Contratti e indipendenza economica tutela della libertà"

Ordine dei giornalisti, il documento di Assostampa: "Contratti e indipendenza economica tutela della libertà"

A Caltagirone si è svolta sabato l'assemblea dell'Ordine dei giornalisti nella quale sono stati approvati i bilanci e premiati i colleghi con 35 e 50 anni di iscrizione all'Albo. «Formazione, contrasto alle fake news, le sfide dell'intelligenza artificiale, i contrasti tra colleghi, la necessità di un ricambio generazionale», sono alcuni degli argomenti introdotti dal presidente Roberto Gueli nel corso del suo intervento, trattati «durante un'assemblea che si è contraddistinta per il confronto articolato e costruttivo».

photo 2024 03 16 11 29 14odg caltagirone rizzoAssostampa Sicilia è intervenuta con un documento della segreteria regionale, letto all'Assemblea dal presidente regionale dell'Ussi, Gaetano Rizzo.

Eccone il contenuto.

Perché il sindacato deve fare sentire la sua voce all’interno dell’Ordine, ma perché nello stesso tempo è meglio che ne stia fuori?
Ci possono essere conflitti di interesse, evidenti. Tanto che la Federazione della stampa pone incompatibilità precise, che l’Associazione siciliana ha recepito nel proprio statuto. Del resto, se l’Ordine deve occuparsi di tutti gli iscritti, a qualunque titolo giornalisti solo perché ammessi all’Albo, è evidente che un sindacato deve invece avere come scopo non solo il riconoscimento e l’applicazione dei contratti di lavoro ma soprattutto che le condizioni di lavoro siano tali da consentire di svolgere il ruolo del giornalista con dignità ed efficacia nel contesto sociale. Ora per far questo è necessario, secondo noi, ripartire proprio dall’idea che abbiamo del giornalista. Di cosa deve essere nella società, anche in quella del Terzo Millennio. Non vogliamo avere un sentimento nostalgico dei tempi andati, o del come si stava bene prima, quando non c’era internet o i soci. Anche se questo deve avere un peso nella riflessione generale. Perché il Far West nel quale ci troviamo condiziona e non poco, ed è stato determinato da scelte, anzi spesso da non scelte politiche e anche sindacali. L’accesso a tutti della facoltà di pubblicare senza filtri e controlli di veridicità, ha prodotto le conseguenze che conosciamo. E chi non ha colpe scagli la prima pietra. Ma dietro alle tecnologie e ai guasti delle mancate normative, resta l’uomo. Ci sono le scelte di chi ogni giorno è chiamato a svolgere una funzione che in primo luogo è quella di informare correttamente, di dare le notizie in base ai principi etici, deontologici e anche editoriali dettati dalla propria azienda, se fortunatamente ne ha una. Ma il ruolo, il compito del giornalista è solo questo? No, nonostante sia importante e primario, il giornalista non è solo un produttore di notizie, in proprio o per una redazione che sia.

Un giornalista è in primo luogo un intellettuale, un lavoratore che deve usare il proprio ingegno e la propria cultura per fornire al termine della scrittura o del servizio multimediale, qualcosa che spieghi o serva a capire cosa sta succedendo. È di fatto un protagonista della vita sociale che deve rispettare alcune regole
deontologiche, l’etica più in generale, ma che soprattutto deve studiare, conoscere, approfondire anche sulla cronaca tutto ciò che deve raccontare. E tutto questo anche nei nuovi tempi del web. Ma perché oggi non avviene più e perché assistiamo al deperimento sistematico della qualità di scrittura e alla approssimazione nella stesura della notizia, deficit che viene recuperato spesso grazie al fatto che il testo iniziale adesso può essere modificato in continuazione, mentre prima il clamoroso errore restava impresso sulla pagina del giornale? Possiamo dare solo la colpa ai singoli colleghi che sono costretti a dire sempre sì a condizioni di lavoro sempre più stressanti, in tempi e ritmi, e sempre meno retribuiti? No, anche se qualcuno qualche No si dovrebbe iniziare a pronunciare. È evidente che il singolo rifiuto, il non accettare da parte di pochi i ricatti lavorativi, non può determinare cambi di rotta, di inversioni di tendenza. Ma sarebbe comunque un segnale importante. E qualcuno per fortuna c’è stato.

Ma siamo partiti dal ruolo del giornalista nella società, e da quello che occorre per svolgerlo. Un intellettuale che si deve aggiornare e deve studiare, avere i tempi necessari per presentarsi con la dovuta preparazione davanti alle fonti (magistrati, politici, medici, professionisti di vario genere). Ma quello che deve avere è anche un’adeguata e giusta indipendenza economica. Deve avere, quindi, un contratto di lavoro che non svenda il proprio ruolo. Sappiamo che il contratto Fnsi-Fieg non viene rinnovato dal 2014 ma sappiamo anche che proprio grazie a quel contratto ancora oggi migliaia di colleghi riescono a svolgere dignitosamente questo lavoro. Ci sono poi i contratti adattati alle categorie, televisioni, editoria locale che nell’ambito della Fnsi hanno cercato di mantenere livelli normativi ed economici dignitosi. Di certo c’è molto da lavorare in questo senso e sarà necessario saper affrontare alcune importanti modifiche ad articoli che ormai sono superati dal lavoro H24 del web.

La soluzione, però, non può essere la corsa al ribasso che mette a rischio la figura del giornalista nella sua indipendenza culturale ed economica. Dovrebbe essere chiaro che gli stipendi previsti da dignitosi contrati e di conseguenze le pensioni che non sono regali ma il frutto di decenni di contributi, sono diritti e non
privilegi. La narrazione che vuol mettere l’uno contro l’altro i portatori di diritti, è solo un favore agli editori. Rendere quasi nullo il costo del lavoro, a prescindere dalla qualità: questo obiettivo mette a rischio non solo il giornalismo ma anche la tenuta democratica del Paese. Se il discredito e la perdita di ruolo diventano il sentire comune, viene meno l’autorevolezza dell’informazione, la credibilità non solo della categoria ma del controllo democratico dell’opinione pubblica. Non possiamo e non vogliamo abdicare come sindacato a questa funzione. Come cittadini prima di tutto crediamo in questa funzione. Ma per far questo riteniamo che ognuno di noi debba guardarsi intorno e vedere chi e come opera con coerenza, dignità e trasparenza perché questo avvenga davvero.

 

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