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L'etica e il giornalismo: 40 anni dopo l'omicidio di Fava. Il figlio Claudio: "Ma oggi la memoria non basta più"
"Io ho un concetto etico del giornalismo.
Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.
Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali. Ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero.
Un giornalista incapace – per vigliaccheria o calcolo – della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento!
(...) La verità! Dove c’è verità, si può realizzare giustizia e difendere la libertà!"
Giuseppe Fava, Lo spirito di un giornale, sul Il Giornale del Sud 11 ottobre 1981
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La sera del 5 gennaio 1984 a Catania viene assassinato Pippo Fava, 59 anni, giornalista, scrittore e autore di testi teatrali. Dopo lunghe e tormentate indagini, la vicenda giudiziaria per il delitto si è conclusa nel 2003, quando l'ultimo processo è arrivato in Cassazione. I giudici della Suprema corte hanno condannato il boss Nitto Santapaola e Aldo Ercolano all'ergastolo e Maurizio Avola a sette anni patteggiati.
La carriera, lunga e piena di successi, di Pippo Fava, lo aveva portato a ricoprire ruoli di primo piano nelle redazioni dei giornali di Catania, sino alla direzione del Giornale del Sud e alla fondazione del settimanale I siciliani. Fava si era distinto per le scelte che rompevanno il clima di silenzio sulla presenza della mafia anche ai piedi dell'Etna e delle connivenze con i poteri istituzionali e economici dei boss catanesi legati a Cosa nostra.
Oltre che per l'attività giornalistica Pippo Fava era noto per quella letteraria e per la produzione di testi teatrali. Dopo il suo assassinio e grazie all'impegno del figlio Claudio Fava sono state organizzate diverse iniziative in sua memoria e sono nati una fondazione e un premio giornalistico. Ma in una recente intervista a Salvo Palazzolo su Repubblica, Claudio Fava ha dichiarato di voler chiudere questa esperienza: «Ho proposto alla Fondazione intitolata a mio padre, animatrice di un premio giornalistico, che il prossimo sia l’ultimo», dice Claudio Fava, giornalista, scrittore, ex presidente della Commissione regionale antimafia. «Perché persino un premio può diventare una liturgia, un abbellimento della memoria».
Il testo integrale dell'intervista a Repubblica
Oggi, venerdì 5 gennaio, il giornalista e scrittore sarà ricordato a Catania in via Fava, davanti alla lapide dove alle 17 si concentrerà il corteo proveniente da via Roma. Alle 18 al Centro culture contemporanee Zo, in piazzale Rocco Chinnici, si terrà il dibattito, moderato da Luisa Santangelo, "Fare (non solo) memoria", al quale interverranno Sebastiano Ardita, Pierangelo Buttafuoco, Claudio Fava, Michele Gambino. E verrà consegnato a Francesco La Licata il Premio nazionale di giornalismo "Giuseppe Fava - Niente altro che la verità. Scritture e immagini contro le mafie". Il premio è stato ritirato da Daniele Lo Porto, consigliere regionale di Assostanpa Sicilia e presidente dell'Ussi di Catania, in quanto per ragioni di salute La Licata non ha potuto raggiungere Catania: "Sono molto contento del premio" - da detto il giornalista palermitano che da anni lavora per La Stampa - mi sembra un riconoscimento al lavoro di tanti cronisti che si sono impegnati sul fronte della mafia".