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Cultura della legalità, nella lotta alla mafia il prefetto schiera gli studenti: “La scuola è la prima linea, grazie a insegnanti e giornalisti”
Alla fine sul palco del teatro Politeama ha preso il microfono in mano ed ha vestito i panni del bravo presentatore facendo parlare insegnanti e studenti. Anche i più piccoli.
“Mi ha impressionato soprattutto la loro partecipazione quella dei ragazzi della scuola primaria, un entusiasmo contagioso - racconta Maria Teresa Cucinotta dallo scorso dicembre prefetto di Palermo che ha voluto fortemente la seconda edizione del concorso “Libertà di stampa e cultura della legalità” tra le scuole di Palermo e provincia. Un'iniziativa che ha coinvolto ben 38 istituti 34 dei quali hanno prodotto un'opera giornalistica scritta o in forma video, al termine di un percorso nel quale sono stati coinvolti centinaia di studenti con i tutor messi a disposizione dall'Ordine dei giornalisti e dall'Associazione siciliana della stampa. “Sì, è vero, mi sono anche divertita in mezzo a quei giovani pieni di entusiasmo e di voglia di partecipazione, mi sembra che questa manifestazione abbia ribadito la sua bontà nel coinvolgere anche istituti che svolgono la loro attività in territori difficili da Ciaculli a San Giuseppe Jato. Pensiamo che questo sia il modo migliore di fare in modo concreto la lotta alla mafia, bisogna iniziare dalle scuole dai ragazzi più piccoli”.
Il risultato si è raggiunto alla fine di un percorso al quale hanno partecipato il Miur, l'Ordine dei giornalisti, l'Associazione siciliana nella stampa e l'Agenzia nazionale dei beni confiscati. La cerimonia organizzata in occasione della Festa della Repubblica è stata caratterizzata da una grande partecipazione di studenti e insegnanti. Per lei è stata la prima esperienza, che bilancio fa?
“Per me il bilancio è molto positivo, ha funzionato molto bene la sinergia tra la direzione scolastica regionale, i rappresentanti di giornalisti e quella per l'agenzia dei beni confiscati ma soprattutto la soddisfazione maggiore è stata vedere la partecipazione degli studenti e il loro entusiasmo alla cerimonia del 2 giugno. Purtroppo, abbiamo voluto premiare solo i primi tre istituti e poi la giuria ha deciso anche sette menzioni speciali e mi dispiace molto aver saputo poi che in alcune scuole c'è stata una grande delusione per non essere stati premiati…”
E cosa pensate di fare?
“Stiamo pensando di istituire un attestato di partecipazione che sia come una forma di ringraziamento per tutti coloro che comunque si sono dati da fare e hanno partecipato a questa iniziativa”.
Sta dicendo che siete già proiettati verso la terza edizione?
“Certamente, ma proprio per questo perché dobbiamo insistere con iniziative concrete soprattutto in quelle zone dove non possiamo nascondere che la presenza mafiosa è ancora forte, che condizione in alcuni casi la vita delle persone. Il racconto sull'uso dei beni confiscati alla mafia fa parte di questo percorso. E anche le difficoltà che ci sono nel riutilizzo sociale di questi beni strappati ai mafiosi va inserito in un'educazione civica concreta, che fa i conti con la realtà in cui si vive”.
Da questo punto di vista quindi l'esperienza con i giornalisti e gli insegnanti nelle classi ha portato dei frutti positivi?
“Siamo convinti che è questa la strada che dobbiamo percorrere e lo abbiamo visto proprio nelle opere che hanno partecipato al concorso. I ragazzi ci hanno fatto vedere la realtà del loro territorio e hanno raccontato, grazie al lavoro incrociato dei giornalisti con i professori, quello che succede”.
Il punto di partenza resta sempre quindi l'utilizzo dei beni confiscati, sarà così anche per la prossima edizione?
“Sicuramente si sono raccontate molte storie ma quella della gestione dei beni confiscati è un punto centrale per la riappropriazione e l'uso a fini sociali di questo tesoro che viene sottratto ai boss. Per questo riteniamo che il tema debba essere mantenuto, ma contiamo anche sull’arrivo in tempi brevi di molti altri beni sottratti alle cosche che potranno essere oggetto dei racconti degli studenti”
Com'è possibile migliorare questa iniziativa rendendola ancora più appetibile?
“Possiamo pensare di allargare il periodo in cui i ragazzi possono elaborare gli articoli o i video, iniziamo a lavorarci dall’autunno. E poi accoppiare alla produzione in forma giornalistica anche delle nozioni di storia del periodo in cui la mafia si è impadronita di quei beni. Insomma, inserire in un contesto storico sociale il bene che sono chiamati a raccontare. Ma non solo possiamo anche approfondire il concetto di libertà di stampa, chiarendo innanzitutto che per informarsi adeguatamente è necessario fare riferimento alle fonti qualificate e quindi aumentare la cultura della buona informazione”.