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Concorso d’addetto stampa anzi portavoce, senza contratto giornalistico e con incompatibilità del commissario d’esame


Acireale veduta aerea

La recente selezione pubblica per titoli e colloquio indetta dal Comune di Acireale per individuare un “addetto stampa” contiene purtroppo una serie di elementi che lo discostano dal modello di “concorso virtuoso” che generalmente la burocrazia, non soltanto quella siciliana, si ostina a non volere adottare, nonostante da anni (anzi decenni) il sindacato dei giornalisti manifesti la disponibilità ad indicare i più corretti criteri e procedure, in modo da semplificare la creazione di nuovi posti di lavoro e non esporre la pubblica amministrazione alle lungaggini derivanti da impugnative.

Si comincia dalla contraddittoria figura professionale, definita “Addetto Stampa in posizione di Staff del Sindaco a tempo pieno e determinato sino al termine del mandato del Sindaco”. Si tratta in effetti non di un addetto stampa dell’ente (cioè la figura che opera nell’ufficio stampa), ma di un portavoce del sindaco (legge 150/2000, art. 7). Per giunta, alla figura vengono attribuiti i compiti di “coordinamento delle attività di comunicazione pubblica di iniziativa dello sportello URP”, attività del tutto distinta e non giornalistica.

C’è poi l’annosa questione di porre come requisiti dei giornalisti candidati (e non semmai come punteggio) l’iscrizione all’elenco dei professionisti e il possesso della laurea (una particolare laurea), criteri che oggettivamente non sono i più appropriati per garantire la scelta del migliore giornalista tra i partecipanti alla selezione. Inoltre, si ripropone la mancata applicazione del contratto giornalistico, sebbene la Sicilia sia stata la prima Regione, nel 2007, ad avere una norma regionale che ne abbia previsto l’obbligo.

La procedura di selezione ha dovuto inoltre subire il ricorso da parte di uno dei candidati, che ha denunciato l’incompatibilità di un commissario di valutazione, in quanto rappresentante sindacale. In proposito è opportuno citare letteratura, norme, sentenze che nel tempo hanno consolidato l’interpretazione delle disposizioni vigenti. Citiamo, quindi.

La previsione di cui all'art. 35, comma 3, D. Lgs. n. 165/2001, che, in tema di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, nell'individuare una serie di principi cui le relative procedure devono conformarsi, ribadisce quello secondo cui la composizione delle commissioni deve essere effettuata "esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali" (lett. e).

In merito occorre rammentare che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3972/2014, resa dalla quinta sezione e richiamata anche nel dictum in disamina - prendendo le mosse dal presupposto che "il principio d'imparzialità previsto dall’art. 97, comma 1, Cost., è destinato a riflettersi anche sulla composizione delle commissioni giudicatrici nei concorsi pubblici, in quanto organi dell'amministrazione destinati a garantire la realizzazione di tale principio nella provvista delle persone cui affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche" - ha precisato che il termine "rappresentanti sindacali" "deve essere interpretato nel suo significato letterale di "coloro che ricoprono cariche sindacali", intendendosi con ciò, in sede ermeneutica, "fugare ogni possibilità di sviamento dell'interesse pubblico o di un'imparziale e non trasparente valutazione dei concorrenti", atteso che "la carica sindacale, che è assunta in conseguenza della condivisione di una precisa impostazione sulle politiche lavorative del settore, potrebbe influenzare comunque il giudizio del componente". Pertanto- rilevano i giudici di Palazzo Spada nella menzionata pronuncia -" la normativa vigente non autorizza un'interpretazione restrittiva delle disposizioni, poiché la lettera delle stesse esclude sic et simpliciter ed in astratto i rappresentanti sindacali dalle commissioni di concorso […], al di là di una incidenza tra l'attività esercitabile da colui che ricopre cariche sindacali e l'attività dell'ente che indice il concorso".

 

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