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INPGI e il futuro della categoria, Ronsisvalle: "Purtroppo è tempo di sacrifici. Ma per tutti"
Scontro in Consiglio generale Inpgi sul compenso del presidente Marina Macelloni e le indennità dei componenti gli organi collegiali: chi ha votato NO
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Caro segretario,
ti chiedo la pubblicazione di questa mia lettera, poiché ritengo sia utile che i colleghi siciliani sappiano, in modo chiaro, che cosa è avvenuto e che cosa avverrà all'Inpgi nel prossimo futuro. Prima di tutto, mi preme che i colleghi sappiano chi – nel Consiglio generale del 7 giugno - ha votato <sì> al compenso di 230 mila euro per la presidente dell’Inpgi Marina Macelloni e chi invece non solo ha votato <no> a uno stipendio da top manager, di gran lunga superiore a quello del presidente dell’Inps o addirittura a quello del presidente della Repubblica Mattarella, ma ha votato <no> agli emolumenti dei componenti del Cda e degli altri organi .
Personalmente ho dichiarato a verbale che, come consigliere generale dell'Inpgi, avrei rinunciato da subito al gettone di presenza di 80 euro per tutte le riunioni del Consiglio generale. Questa scelta non cambierà certamente né la mia vita né sarà risolutiva per i conti dell'Istituto che attestano un deficit di -140 milioni di euro.
E tuttavia la ritengo una scelta più che doverosa per chi sarà chiamato a decidere su una manovra che porterà tagli pesanti delle prestazioni (specie per i più deboli) e alle pensioni dei giornalisti.
Non ho difficoltà a dire che lavoro in un giornale che applica il contratto di solidarietà con un taglio del 20 per cento degli stipendi, che ha firmato uno stato di crisi che prevede 14 prepensionamenti e che, da sempre, ho guadagnato il minimo contrattuale, oggi decurtato per effetto della solidarietà.
Una situazione che, purtroppo, non riguarda solo “La Sicilia”, ma il 90% dei giornali in Italia.
Quasi due anni fa ho assistito all'aggressione di un gruppo di freelance nei confronti dell'allora segretario generale della Fnsi al quale veniva contestato l'accordo sull'Equo compenso.
Non ho condiviso l'aggressione ma ho compreso la rabbia di chi vede il contratto come una chimera e fatica seriamente per avere un livello di vita appena dignitoso col lavoro giornalistico.
In questa situazione complessiva, con migliaia di colleghi in difficoltà, e con altre migliaia di precari e freelance che devono soffrire per guadagnare pochi euro, ritengo che sia un dovere morale per chi è chiamato a rappresentare i giornalisti negli organismi di categoria a tenere i piedi ben saldi per terra e ad avere sempre chiara in mente la situazione attuale dell'intera categoria.
Detto questo, accettare supinamente che l'Inpgi spenda quasi un milione e mezzo di euro ogni anno solo per garantire gli stipendi del presidente, dell'intero Cda e di tutti gli altri amministratori, lo ritengo moralmente ed eticamente inaccettabile. Così come non è accettabile la mancanza di un piano di tagli complessivi delle spese dell’Istituto.
Aggiungo che – contratto nazionale di lavoro giornalistico alla mano – oggi, il minimo contrattuale per un caporedattore è di 2.668,26 euro che va moltiplicato per 13 mensilità con l'aggiunta di una indennità redazionale di 593,01, dell’indennità compensativa di 489,19 euro e di una Edr di 60 euro per i primi 4 mesi di quest’anno e 120 per i successivi. Il totale lordo è di 52.600,88 e su questa base vanno poi aggiunti gli scatti di anzianità, il lavoro notturno, il lavoro straordinario, domenicale e festivo (per chi lo fa). Il costo aziendale, calcolato sullo stipendio base, non arriva a 90 mila euro all'anno. Ovviamente tutto questo vale per la stragrande maggioranza dei giornalisti. Ma fanno eccezione i grandi quotidiani o i grandi gruppi, come Corriere della Sera, Repubblica e Sole 24 ore, Rai tv, dove i superminimi personali e la contrattazione integrativa aziendale, comprensiva di benefit, fa lievitare il costo aziendale fino a oltre 200 mila euro all'anno. In ogni caso lontano dai circa 250 mila euro che l'Inpgi spenderà per la sua presidente (redattore capo centrale del Sole 24 ore, in aspettativa per il mandato Inpgi) nonostante la riduzione del 10 % rispetto al predecessore e tenuto conto che la Macelloni ha rinunciato alle spese di alloggio (30.000 euro l'anno) di cui, per tutti i suoi due mandati, ha invece usufruito Andrea Camporese.
Non cambia il discorso per i componenti del Cda. Si va dai 76 mila euro del giornalista vicepresidente vicario, ai 46.436 euro dei componenti del Cda, ai 38.872 dei componenti del comitato amministratore dell'Inpgi2. Alle spese per questi emolumenti vanno poi aggiunte quelle per i contributi che vanno versati per legge all'Inpgi2.
Per chi ha già altri redditi da lavoro dipendente o pensione, queste cifre vengono ridotte della metà, ma in ogni caso si tratta di cifre che corrispondono e spesso superano lo stipendio medio annuale di un redattore ordinario. Ma, mentre un redattore deve lavorare almeno 5 giorni a settimana, il Cda si riunisce in media una sola volta al mese. Senza tenere conto che, fino a poco tempo fa, i membri del Cda a queste cifre già più che cospicue aggiungevano 80 euro per ogni riunione del Consiglio generale e di ciascuna delle varie commissioni alle quali partecipavano.
Tutto ciò, sebbene dimostri una distanza siderale tra l'Inpgi e la realtà che tutti noi viviamo ogni giorno, è però finora passato sotto silenzio anche perché non era mai stata delineata in tutta la sua gravità la crisi economico-strutturale dell'istituto che dovrebbe garantire le nostre pensioni.
La realtà oggi è che, per potere pagare le prestazioni (pensioni, casse integrazioni, solidarietà e stipendi ai dipendenti), l'Inpgi ha già venduto gran parte degli investimenti finanziari e deve ora dismettere ben oltre la metà del suo patrimonio immobiliare secondo un piano di vendite non ancora stabilito nel dettaglio.
La delibera complessiva su indennità, compensi e rimborsi spese è stata messa in votazione in Consiglio generale. Alla decisione hanno partecipato 56 dei 58 consiglieri chiamati per nome a esprimere il proprio voto (con registrazione stenografica).
Hanno risposto no in 17: i 3 consiglieri di Inpgi-La Svolta Paola D’Amico, Luigi Ronsisvalle e Daniela Stigliano; i 12 di InpgiFuturo Mario Antolini, Domenico Bertoni, Paola Cascella, Carlo Chianura, Corrado Chiominto, Stefania Conti, Gianni Dragoni, Franco Ordine, Orlando Perera, Antonio Savi, Alessandra Spitz e Lino Zaccaria; i 2 romani Fabio Morabito ed Elena Polidori. Astenuti i consiglieri Sergio Casagrande, Rosalba Emiliozzi e Cristiano Fantauzzi. Le consigliere romane Ida Baldi e Silvia Garambois non hanno espresso il proprio voto. Mentre tutti gli altri 36 presenti hanno detto sì ai 230 mila euro di indennità per la presidente Macelloni, ai compensi con leggera limatura per gli altri amministratori e alle ulteriori misure proposte. (fonte unitàsindacalefnsi)
Aggiungo che, nell'ultima riunione del Consiglio generale, ho contestato anche la delibera con la quale il Cda ha nominato i fiduciari nella varie regioni dopo avere valutato “prioritariamente la disponibilità dei consiglieri eletti in rappresentanza dei giornalisti non titolari di pensione diretta”, e aver preso atto “delle informazioni fornite dai consiglieri eletti nelle Circoscrizioni e le disponibilità manifestate”.
Premesso che nessuno ha ascoltato il mio parere e rilevato che dunque la delibera contiene affermazioni non vere, ritengo oggettivamente eccessivo e davvero poco elegante che la figura del fiduciario coincida con quella di un componente del Cda.
Queste contestazioni insieme con la richiesta di conoscere i criteri che hanno portato alla individuazione del fiduciario in Sicilia sono stati respinte, quasi con fastidio, dalla presidente e dal Cda.
Tuttavia, non tutti sanno – ma val la piena spiegarlo - che in Sicilia al fiduciario viene concesso un rimborso annuale di 4.505 euro che dovrebbe essere rendicontato per le spese sostenute per assistere i colleghi spostandosi in tutta la regione. Cosa che però non avviene. Nel caso della Sicilia questi 4.505 euro, che sono un vero e proprio appannaggio e non un rimborso per spese per altro mai sostenute, si aggiungerebbero ai 23.591 previsti per i componenti del Cda: il totale fa 28 mila euro annui.
Sarebbe forse superfluo, ma serve a rendere ancora più chiari i termini della questione, specificare che questi emolumenti si aggiungono alla pensione e allo stipendio (per gli attivi) che i colleghi continuano a percepire regolarmente, in considerazione del fatto che il mandato all’Inpgi è coperto dai permessi sindacali.
Purtroppo questo dibattito, rivelatosi del tutto inutile, considerata l'arroganza con cui si è ristretto lo spazio degli interventi dei consiglieri generali a soli 5 minuti, rischia di spostare l'attenzione da un problema ancora più serio. La inevitabile revisione della spesa complessiva dell'Istituto di cui però non si trova traccia nonostante la situazione sia ormai giunta al punto di rottura.
Entro l'anno la neo presidente Macelloni e il suo Cda dovranno presentare e approvare la nuova riforma che dovrà intervenire in modo drastico sul futuro di tutti noi. Sono in ballo le nostre pensioni e il futuro dell'intera categoria. L'unica certezza è che ci verranno chiesti sacrifici molto pesanti per evitare il default.
Sarebbe opportuno che i collegi cominciassero a rendersi pienamente conto della situazione. Non è più tempo di politically correct ma di sano e accertato realismo. I bei tempi, (quelli degli oltre 300 mila euro l’anno e degli sfarzi di Camporese e delle facili elargizioni) sono definitivamente finiti. Adesso, purtroppo, è tempo di sacrifici. Ma per tutti.
Luigi Ronsisvalle
Consigliere generale Inpgi