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Divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia, la Fnsi: "A rischio la libertà di informazione"

Divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia, la Fnsi: "A rischio la libertà di informazione"

In audizione in commissione Giustizia del Senato, mercoledì scorso, la segretaria generale Alessandra Costante e il presidente Vittorio di Trapani hanno ribadito la contrarietà del sindacato a imporre ulteriori limiti al lavoro dei giornalisti in quadro complessivo di restrizioni al diritto di cronaca. «A rischio il diritto dei cittadini ad essere informati».

Il divieto di pubblicare il testo delle ordinanze di custodia cautelare che si vuole introdurre con il recepimento - il secondo in pochi anni - della direttiva europea sulla presunzione di non colpevolezza si traduce in «un ulteriore, pesante limite al lavoro dei giornalisti e al diritto di cronaca e, dunque, in un limite al diritto dei cittadini ad essere informati». La Federazione nazionale della Stampa italiana ritiene che «questo ennesimo bavaglio alla stampa sia un atto pericoloso per la tenuta democratica del Paese». Lo hanno ribadito Alessandra Costante e Vittorio di Trapani, segretaria generale e presidente della Fnsi, intervenendo mercoledì 25 settembre 2024 in commissione Giustizia del Senato nel corso dell'audizione sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva Ue sul rafforzamento della presunzione di innocenza.

«E questo avviene - hanno aggiunto - in un quadro complessivo di restrizioni al diritto di cronaca: dal ddl Diffamazione al mancato intervento contro le querele bavaglio, pur sollecitato - questo sì - dall'Europa». Con l'occasione, Costante e Di Trapani hanno rimarcato la posizione critica del sindacato in merito alle modifiche all'articolo 114 del Codice di procedura penale, la preoccupazione per un intervento normativo che rappresenta «uno sbilanciamento tra diritti di pari rango costituzionale» a discapito della libertà di informazione, e la netta contrarietà alla possibilità - emersa durante il dibattito - di applicare alle aziende editoriali le previsioni del decreto legislativo 231 del 2001 che pone a carico delle società la responsabilità per eventuali reati commessi da propri dipendenti qualora siano stati realizzati a vantaggio dell'impresa e siano stati resi possibili da carenze della struttura organizzativa dell'impresa stessa.

«Il prodotto giornalistico - osservano segretaria generale e presidente Fnsi - ha già le sue regole, dettate dal contratto nazionale di lavoro e dalla legge sulla stampa, e non può rientrare nel tipo di organizzazione prevista dal decreto legislativo 231, la cui applicazione peraltro lascerebbe senza alcuna tutela i giornalisti stessi. Pensiamo che oggi l'informazione è stata appaltata ai giornalisti freelance che in caso di applicazione del decreto 231 rischierebbero in proprio. Esistono già leggi e codici deontologici cui i giornalisti si attengono nel loro lavoro quotidiano».

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