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Due archiviazioni, querele a confronto: il caso Ceraso ed il caso Salvia

Due archiviazioni, querele a confronto: il caso Ceraso ed il caso Salvia

 da www.ossigeno.info

 La condanna per calunnia, in appello, del banchiere Leodino Galli (ex consigliere della Spoleto Credito e Servizi), colpevole si avere formulato accuse false in una querela al giornalista di Spoleto Carlo Ceraso, fa vedere che la magistratura, applicando le leggi vigenti, oltre ad archiviare la querela può procedere contro il querelante contestandogli questo grave reato, commesso da chi accusa qualcuno di un reato contestandogli consapevolmente circostanze non vere.  Succede di rado, perché le giustificazioni del colpevole di solito vengono accolte con condiscendenza, senza considerare che questi comportamenti concorrono a fare diventare enorme il problema delle querele infondate e pretestuose contro le migliaia di giornalisti italiani accusati di diffamazione e nel 90 per cento dei casi prosciolti. La sentenza della Corte d’appello di Perugia, che il 17 settembre 2024 ha confermato la condanna di Leodino Galli a un anno e quattro mesi di reclusione (pena sospesa), dà l’occasione di tornare sull’argomento su cui Ossigeno per l’Informazione ha richiamato l’attenzione già altre volte.

IL CASO CERASO

Dopo aver archiviato la sua querela in relazione ad alcune notizie pubblicate da Carlo Ceraso sul sito Tuttoggi, Leodino Galli è stato processato per calunnia per iniziativa della Procura di Perugia per avere denunciato per diffamazione a mezzo stampa il giornalista. Lo stesso pm aveva avviato il procedimento a carico del querelante. La notizia di reato era emersa dal procedimento concluso con l’archiviazione della querela, essendo emerso che la ricostruzione della vicenda contenuta nella querela non corrispondeva al vero.

IL CASO DI LEANDRO SALVIA

In un caso analogo, quello del giornalista siciliano Leandro Salvia, querelato da un avvocato che era candidato alla carica di sindaco nel comune di San Cipirrello, le cose sono andate diversamente. Dopo aver accertato che le accuse non corrispondevano al vero, il pubblico ministero, con il consenso del GIP, ha archiviato la querela ma non ha contestato la calunnia. Il giornalista ha perciò denunciato per calunnia la querelante. Lo ha fatto con il sostegno dello Sportello Legale di Ossigeno per l’Informazione e di Media Defence  che hanno condiviso le sue valutazioni e l’opportunità di sollevare il caso. Di conseguenza si è aperto un altro procedimento che il pubblico ministero, con il consenso del giudice, ha deciso di archiviare nonostante l’opposizione motivata del giornalista e del suo difensore, l’avvocato Andrea di Pietro.

In questo caso ha prevalso la valutazione che l’avvocata querelante non avesse intenzioni calunniose e non le fosse chiaro che rivolgendo accuse non vere stesse commettendo il reato di calunnia. Il giornalista e Ossigeno hanno obiettato che trattandosi di un avvocato che esercita la professione legale doveva avere quella consapevolezza. Queste e altre obiezioni non hanno impedito l’archiviazione.

COSA SERVIREBBE

Il confronto fra i due casi ci riporta alle considerazioni iniziali. Certamente l’autonomia di giudizio di ciascun giudice merita rispetto. Ma di fronte alla marea di querele pretestuose e alle molte fra esse che si fanno strada con accuse non vere servirebbe una discussione aperta e un orientamento giurisprudenziale più chiaro rispetto a queste vicende

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