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Roberto Ginex: “Inpgi solido, sostenibile e solidale. Decisiva la battaglia sulle giuste retribuzioni”
Un’eredità importante da portare avanti quella di Orlando Scarlata, unico presidente dell’Inpgi, nato a Potenza, ma siciliano d’adozione - che aveva svolto a Palermo la sua attività professionale sin dagli anni ’50 - ed una fiducia da record da parte delle colleghe e dei colleghi siciliani da onorare ogni giorno. Inizia così, con la sua Sicilia dentro al cuore, il mandato di Roberto Ginex alla guida del nuovo Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi), che oggi si occupa esclusivamente dei giornalisti autonomi e dei co.co.co.
Quello di Ginex è un volto “identitario” per il sindacato siciliano dei giornalisti che lo ha visto impegnato in più ruoli in Assostampa, negli oltre 25 anni di impegno continuo al fianco dei colleghi e delle colleghe, seguendo tutta la trafila: consigliere regionale prima, segretario provinciale della sezione di Palermo per diversi anni, poi da aprile 2018 a fine agosto 2022 segretario regionale ed anche consigliere nazionale della Fnsi. Una vita, si può dire, dedicata al sindacato dei giornalisti. Al termine delle elezioni di fine maggio, per Ginex i voti, che lo hanno portato ad essere eletto delegato all’assemblea generale dell’Istituto, sono stati 576, incoronandolo come più votato in assoluto su scala nazionale. Una elezione arrivata assieme al collega Sergio Magazzù, segretario provinciale della sezione di Messina, eletto con 502 voti, terzo più votato in Italia. Dopo l’elezione successiva in consiglio di amministrazione del 3 luglio, lo stesso cda composto da Mattia Motta (Emilia Romagna), Stefano Gallizzi (Lombardia), Massimo Marciano (Lazio) e Beppe Gandolfo (Piemonte) il 12 luglio scorso lo ha votato presidente dell’Inpgi, con Mattia Motta eletto vicepresidente.
Tutele, welfare, previdenza, sono le chiavi del futuro per la professione giornalistica in Italia. Una sfida da affrontare con visione del futuro e pragmatismo del presente partendo da un dato inoppugnabile sul cambiamento di rotta: il 65% dei giornalisti italiani è autonomo (partita Iva) o co.co.co. Anche per questo, la previdenza ed il welfare diventano temi di ancora maggiore centralità per il futuro di chi ancora crede in un mestiere troppo spesso in difficoltà. Queste le sue risposte al sito di Assostampa Sicilia che lo ha intervistato.
Presidente, nel tuo discorso di avvio mandato non è mancato il senso di gratitudine nei confronti delle colleghe e dei colleghi siciliani per questo risultato storico, e hai anche citato un altro siciliano padre Pino Puglisi dicendo “Alla fine ogni vocazione, ogni missione, è sempre un ricevere per dare”, perché questa sarà la stella polare del tuo percorso?
“Abbiamo condotto una bellissima campagna elettorale, durata circa due mesi, con grande entusiasmo, con chiarezza rispetto al nostro programma, con spirito di sacrificio come sempre, con la consapevolezza che oggi i giornalisti vanno soltanto tutelati su tutti i fronti e garantiti in ogni modo possibile. Se all’interno della categoria qualcuno ancora ritiene che si possa andare avanti con le divisioni allora probabilmente non ha ben compreso lo stato della situazione professionale. Il primo pensiero, dopo questa non preventivata elezione a presidente dell’Inpgi, è andato alle colleghe e ai colleghi per la fiducia e la stima che hanno riposto e ripongono in me. Non finirò mai di ringraziarli tutti con i più sinceri sentimenti di gratitudine. Un ringraziamento particolare va a tutta la ‘mia famiglia’ dell’Assostampa Siciliana, a tutti i dirigenti regionali e provinciali, che hanno sostenuto me e Sergio Magazzù in questo percorso di grande successo non solo personale, ma direi per l’intera Sicilia. Ho citato, padre Pino Puglisi, oggi beato, perché non ho mai pensato nel mio percorso sindacale di ‘utilizzare’, fatemi passare il termine, i miei ruoli con l’obiettivo di gestione del potere, sport molto comune a tanti. Ho sempre cercato di interpretare i vari ruoli mettendomi sempre al servizio dei colleghi, al loro fianco, ascoltandoli, consigliandoli quando possibile, senza doppi fini. Non so se ho oppure ho avuto la vocazione del ‘sindacalista’ e se ho fatto bene, ma so per certo che quello che ho fatto in questi anni l’ho fatto sempre mettendomi al servizio di chi ha avuto bisogno. Ecco perché le parole del beato Pino Puglisi, chi riceve deve essere naturalmente disposto a dare. E nel mio piccolo da presidente dell’Inpgi proverò a ‘dare’, mettendomi sempre al fianco delle colleghe e dei colleghi. Quando si approda in un porto nuovo è bene sempre fare memoria del porto da cui si è salpati”.
In Sicilia, nel Meridione d’Italia, essere giornalisti rischia di diventare, più che in altre regioni, un lusso che solo in pochi possono permettersi. Alla precarietà troppo spesso strutturale, ai redditi iniqui, si aggiungono ulteriori elementi come le minacce per mano mafiosa e le querele temerarie da milioni di euro, come nel caso del collega messinese Fabrizio Bertè, rischiando di minare le basi della libertà di stampa. Cosa si può effettivamente fare per sostenere i giornalisti precari?
«Nei giorni scorsi, nel corso della cerimonia di consegna del Ventaglio, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha usato parole ferme e rigorose a proposito della libertà di stampa e ci ha ricordato, per questo lo ringraziamo sentitamente, che la professione ha le sue radici nella Costituzione e che gli atti contro il dovere di informare e il diritto a essere informati sono eversivi. Da tanti anni, ormai, la categoria chiede una nuova legge dell’editoria, perciò abbiamo apprezzato l’invito del presidente Mattarella affinché si possa affrontare questo tema. Per citare il presidente Mattarella, ricordo che come già tutti sappiamo se non altro perché la viviamo da vicino, “l’informazione è attraversata da cambiamenti epocali. La velocità delle trasformazioni rischia di incidere su pilastri della nostra stessa democrazia. Il pluralismo resta una condizione di libertà irrinunciabile”. Ma una informazione credibile e affidabile non si può fare sulla pelle di collaboratori e precari a costi improponibili. Su questo fronte, su impulso della Fnsi, l’Ordine dei giornalisti ha presentato al ministero della Giustizia una proposta di liquidazione giudiziale dei compensi. Stiamo aspettando tutti che il ministero si pronunci perché quello è il primo passo per ottenere un compenso veramente equo per i lavoratori autonomi e i co.co.co. che tra l’altro incide, di conseguenza e inevitabilmente, sulla previdenza dei nostri associati. Sappiamo tutti che l’attuale quadro normativo non fotografa più la situazione reale e che l’esigenza è oggi inderogabile nel rispetto del pluralismo dell’informazione. Libertà di stampa significa garanzia di democrazia per i cittadini. E sappiamo tutti i cambiamenti epocali che hanno attraversato e che attraversano la nostra categoria. I media che abbiamo conosciuto in passato assumono sempre meno, il lavoro si configura maggiormente con i free lance, quindi lavoratori autonomi a partita Iva e con i co.co.co. Dobbiamo guardare oltre, penso ai nuovi media, che oggi impegnano la maggior parte dei colleghi, tutelati nella previdenza da Inpgi, e mi riferisco ad autonomi e co.co.co. Ricordo che questi ultimi sono contratti che si applicano ai giornalisti e a qualche altra piccola categoria di lavoratori, la qual cosa costituisce un’anomalia residuale del Jobs Act».
Quali le sfide principali per l’Istituto nei prossimi anni?
«Come è noto a tutti, l’Istituto non è più quello fondato nel 1926 e che poi è diventato nel corso di quasi un secolo di storia. Inpgi oggi si occupa di gestire le posizioni di giornalisti free lance, autonomi, co.co.co e collaboratori e il core business dell’ente è la raccolta dei contributi e il pagamento delle pensioni agli iscritti. Pertanto, è necessario innanzitutto far comprendere ai nostri soci che la previdenza è qualcosa di diverso dal fisco. Purtroppo, ancora molti parlano di contributi previdenziali scambiandoli per tasse, mentre la pensione è ciò che garantirà un futuro economico dopo la cessazione del lavoro. I lavoratori autonomi di una categoria, che si è sempre percepita come destinata solo al lavoro dipendente, vanno accompagnati in un percorso di consapevolezza che faccia comprendere loro che l’unico obiettivo di Inpgi è soltanto quello di assicurare ai giornalisti questo futuro. Infatti, una delle attività più importanti finalizzata al raggiungimento di questo obiettivo è quello relativo alla gestione del patrimonio dell’ente che costituisce lo strumento a sostegno del raggiungimento dell’obiettivo».
Come si potrebbe arrivare ad ampliare il panorama dei servizi?
«Inpgi deve aiutare, affiancare i colleghi giornalisti nel percorso che li porterà al raggiungimento della pensione. Vogliamo un Inpgi solido, sostenibile e solidale. Ricordo che, purtroppo, i giornalisti free lance, titolari di co.co.co e collaboratori, sono la parte più povera della professione, ricevono dagli editori compensi troppo bassi e umilianti la qual cosa si riflette inevitabilmente sulla loro previdenza e quindi sulla costruzione di una pensione che sia dignitosa. I giornalisti vanno aiutati e sostenuti, anche quando possibile, anche sul lato del cosiddetto welfare allargato. Cercheremo di proseguire su questa strada cercando di comprendere quali altri servizi oltre quelli già in uso all’Inpgi possano essere utili. Sicuramente, vogliamo garantire la continuità e il miglioramento di questi servizi, specialmente in un periodo di grandi cambiamenti per la nostra professione. Quello a cui puntiamo è l’assistenza in ogni fase lavorativa: sostegno previdenziale e sociale, con conferma del progetto Casagit W-IN per l’assistenza sanitaria integrativa gratuita e vogliamo studiare nuove misure di sostegno al reddito. È anche nostra intenzione attivare misure legate al microcredito che possano garantire a coloro i quali sono in regola con la contribuzione previdenziale una piccola somma destinata all’aggiornamento del proprio parco tecnologico. Penso ai colleghi free lance che non possono permettersi l’acquisto di un nuovo cellulare di ultima generazione, un tablet o un pc moderni, che siano in grado di fare immagini professionali, piccole somme utili magari ad acquistare programmi per il montaggio dei video».
C’è un dialogo con le forze politiche per aumentare le pensioni? Quali sono i passi su questo tema?
«Sul fronte pensionistico va ribadito che il nostro sistema si basa sul calcolo contributivo, vale il principio che più versi e più prenderai in futuro. Quindi, è evidente che è necessario innanzitutto far sì che vengano tutelati i compensi dei lavoratori autonomi che ad oggi, lo ripeto, nella maggior parte dei casi sono tanto ridicoli quanto mortificanti. E di quello che dico sono certissimo perché ne sono testimone diretto. Per questa ragione, i giornalisti autonomi devono aver diritto a compensi che siano in grado di consentire un presente e un futuro sereni. Molti dei nostri iscritti denunciano un reddito minimo e quindi versano per anni contributi minimi che non possono assicurare pensioni decenti. Bisogna interloquire con il governo affinché si possano perseguire politiche che sostengano redditi più alti per i giornalisti autonomi. Inpgi in questi anni ha posto in essere provvedimenti che hanno comportato un incremento pensionistico di circa il 30 per cento. Dunque, continueremo a porre in essere quanto necessario perché sia gli iscritti che tutti gli altri nostri interlocutori comprendano che per avere un giusto trattamento pensionistico è necessario percorrere insieme una strada virtuosa che porti con successo al raggiungimento dell’obiettivo».
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