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Corso di formazione al No mafia memorial: "Informazione e giustizia, la politica tenta di ridurre gli spazi di libertà"
I giornalisti sempre più in difficoltà, costretti a lavorare in condizioni o di precariato o in redazioni ridotte sempre più all’osso. Una situazione che mette a rischio l’informazione professionale, in cui i lavoratori si ritrovano sempre più spesso con un contratto scaduto e non rinnovato ormai da 10 anni oppure con i cosiddetti Cococo che non sono altro che redattori fantasma a cui sono stati ridotti stipendio e diritti per dare agli editori un parco buoi da cui attingere senza controlli. Dall’altro lato i magistrati la cui indipendenza è sempre più minacciata dai più recenti progetti di riforma che riguardano più che la velocizzazione dei processi e la certezza delle pene, la separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudicanti che la maggioranza della magistratura vede come un pericolo che porterebbe la parte dell’accusa sempre più nell’orbita del potere esecutivo. Di tutto questo si è parlato al No mafia Memorial in corso Vittorio Emanuele a Palermo nel corso di formazione organizzato dall’Associazione siciliana della stampa dal titolo "Costituzione e diritto di cronaca e lotta alla criminalità, l’impegno dei giornalisti della cronaca nera e giudiziaria alle nuove forme di comunicazione. L’avvento dei social".
Dopo l’introduzione di Umberto Santino del Centro siciliano di documentazione Peppino Impastato, si sono succeduti gli interventi di Franco Nicastro consigliere dell’Ordine dei giornalisti di Vittorio Teresi, presidente del centro studi Paolo e Rita Borsellino e di Giuseppe Rizzuto segretario regionale di Assostampa.
Umberto Santino Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato - No mafia memorial: "La memoria, la storia la concepiamo come strada per capire il presente. Per lottare la mafia bisogna capirla, lo studio è la formazione sono assolutamente fondamentali. Il punto su cui riflettere adesso e come la libertà di espressione viene aggredita ma anche come questa realmente si esprime. Una sorta di delitto che si chiama giornalismo che i mafiosi hanno sempre considerato con un occhio particolare e per questo voglio ricordare i giornalisti che sono morti per mano mafiosa".
Giuseppe Rizzuto segretario regionale di Assostampa e moderatore del seminario ha fatto alcuni cenni anche alla relazione semestrale della Dia appena pubblicata evidenziando come in questa si parli anche di giornalismo e della sua essenzialità per informare e fare chiarezza sui fenomeni mafiosi oltre alla valorizzazione del senso civico. “Un riconoscimento - ha detto Rizzuto - del valore del lavoro dei giornalisti”.
Franco Nicastro consigliere Odg Sicilia: "L' autocensura dei giornalisti nasce dalla debolezza di una professione esposta ai rischi e privata dalle tutele". Stigmatizzata da Franco Nicastro la tendenza molto pericolosa di produrre informazione senza i giornalisti ed come il lavoro sia diventato attività quasi routinaria. “Quello che manca - ha detto Nicastro- è il filtro critico rispetto all’informazione che arriva e che è una delle regole fondanti di questa professione. C’è un assedio del potere rispetto all’informazione che con un profluvio di querele fanno scattare meccanismi di difesa come l’auto censura che nasce dalla debolezza del ruolo del giornalista esposto ai rischi senza garanzie. Prima c’erano le tutele giudiziarie date dagli editori che oggi vengono sempre più a mancare e per la debolezza della posizione dei giornalisti che restano senza contratti e con retribuzioni sempre più basse e sempre più offensive del ruolo dei giornalisti. Oltre alle intimidazioni con le querele ci sono quelle vere e proprie che portano anche a vivere scortati”. Parole che hanno aperto ad una riflessione su come il potere cerchi di comprimere la libertà di pensiero con un sistema di censure e bavagli per condizionare la libertà di stampa.
Vittorio Teresi ha ribadito le preoccupazioni di larga parte della magistratura sulle riforme che si stanno succedendo negli ultimi anni. Non si tratta solo dei provvedimenti di questo governo, ma di una tendenza che si registra dall'esecutivo Monti, per non parlare delle spinte berlusconiane. In sostanza, dice Teresi "anche se non si vuole ammetterlo in maniera chiara, la separazione delle carriere tra giudicanti e pm spingerà questi ultimi verso l'orbita del ministero degli Interni, togliendo a una parte della magistratura la sua indipendenza che sta alla base del dettato costituzione e che garantisce l'equilibrio tra i poteri". Forte anche la critica alla possibilità di sorteggio per la nomina dei due Csm: "Ci si affida al caso invece che alla competenza e soprattutto alla scelta di volersi impegnare in un compito così delicato come è quello di essere l'organismo di autocontrollo della magistratura". Tutte scelte che portano a un indebolimento di un potere che dovrebbe essere di controllo degli altri due, quelli di governo e Parlamento. La causa? "Dobbiamo risalire al 1992 - spiega Teresi - quando la politica per la prima volta ha visto che la magistratura può condizionare in modo pesante la vita dei partiti come accadde con l'inchiesta Mani pulite a Milano e che portò alla fine della prima Repubblica".
In sostanza quindi la politica del terzo millennio vuole ridurre gli spazi di controllo e di critica e per questo tende a limitare l'azione dei magistrati da un lato e dei giornalisti dall'altro.