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Arriva all'Antimafia il caso del cronista fermato a Messina
Sarà ascoltato dalla commissione regionale antimafia Fabrizio Bertè, il cronista messinese fermato dalla polizia e portato per due ore in questura mentre seguiva una manifestazione. Lo spiega a Repubblica il parlamentare del Pd Fabio Venezia.
“Ho chiesto al presidente della Commissione antimafia e anticorruzione dell’Ars di audire Bertè affinché vengano acquisiti eventuali elementi riguardanti la sua attività di giornalista d'inchiesta e manifestare, al contempo, attenzione alla libertà di stampa come pilastro democratico inscalfibile” spiega Venezia. Il presidente Cracolici ha già dato la sua disponibilità a convocare il giornalista. L’audizione sarà messa in calendario nelle prossime settimane.
Il Partito democratico, dunque, vuole vederci chiaro sulla perquisizione al giornalista di Repubblica Fabrizio Berté, avvenuta a inizio novembre nel corso di una manifestazione ambientalista a Messina. Berté nelle settimane precedenti aveva sollevato e raccontato sempre sulle pagine di Repubblica, lo scandalo che ha portato alle dimissioni del rettore Cuzzocrea. E adesso Fabio Venezia si interroga su una possibile correlazione tra i due episodi e ha quindi chiesto al presidente della commissione Antimafia in Assemblea regionale, Antonello Cracolici, di convocare in audizione il giornalista.
Nelle settimane scorse sono state presentate anche alcune interrogazione al ministro dell'Interno Piantedosi. Ma dal titolare del Viminale non è arrivata ancora alcuna risposta.
Venerdì scorso Alessia Candito di Repubblica ha, quindi, intervistato uno degli autori delle interrogazioni, Nicola Fratoianni. Ecco il testo.
«Non abbiamo ricevuto alcuna risposta, né notizia su quando arriverà. E il governo ha il dovere di dire cosa pensi e cosa voglia fare rispetto a quella che è stata una palese limitazione della libertà di stampa». Primo e per diversi giorni unico politico a chiedere conto al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi dell’inspiegabile perquisizione subita dal cronista di Repubblica Fabrizio Berté, senza alcuna ragione controllato in strada e portato in questura per non meglio precisati motivi, il deputato Nicola Fratoianni, leader di Sinistra italiana, torna a chiedere chiarezza: «C’è stata una chiara intimidazione di un giornalista che stava semplicemente facendo il proprio lavoro e questo non è accettabile».
«Purtroppo questo, come altri governi prima, hanno il pessimo costume di non rispondere alle interrogazioni che vengono sottoposte persino per l’intera legislatura, mutilando la funzione di sindacato ispettivo che è prerogativa propria dei parlamentari».
Crede che quanto successo a Messina sia un caso isolato o può essere considerato spia di un clima più generale?
«Spero sia un caso isolato, ma temo di no. L’incapacità di rispondere a problemi reali si sta traducendo in un clima di estrema verticalizzazione, basti pensare a quanto previsto dall’ultimo decreto sicurezza appena approvato in Consiglio dei ministri, che prevede un ulteriore inasprimento delle misure per limitare manifestazioni e dissenso, o all’attacco frontale e gravissimo al diritto di sciopero, convocato dai due più grandi sindacati del Paese».
A proposito di manifestazioni. Qualche mese fa sempre lei aveva presentato un’interrogazione sulle manganellate ricevute dagli studenti il 23 maggio a Palermo. A quella c’è stata risposta?
«Assolutamente no. E purtroppo non è l’unica. Si continua a mortificare una delle ultime funzioni che ci rimangono in un Parlamento trasformato da questa maggioranza in luogo di mera ratifica dei decreti del governo. E questo è un pessimo segnale per la democrazia in generale».
A suo parere, è questione di imbarazzo per le questioni che vengono sollevate o semplice noncuranza?
«Credo sia un mix delle due cose. Mi auguro che episodi come quelli su cui ho chiesto lumi al ministro Piantedosi siano fonte di imbarazzo per l’esecutivo, ma dall’altra parte ci troviamo di fronte a un governo i cui esponenti fanno spallucce di fronte a fatti gravissimi».