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Rai, il Cda nomina Roberto Sergio amministratore delegato. Usigrai: «Tentativo politico di occupare l'azienda»
Il via libera con tre voti a favore, uno contrario e due astensioni. Indicati Paola Marchesini quale direttrice dello staff dell'Ad e Giampaolo Rossi direttore generale corporate. «Un gioco assurdo che non tiene conto degli interessi dell'azienda», denunciano i rappresentanti sindacali.
Il Consiglio di amministrazione della Rai ha nominato Roberto Sergio nuovo amministratore delegato dell'azienda con decorrenza immediata. È quanto si legge in una nota di viale Mazzini nella quale si spiega che oggi, lunedì 15 maggio 2023, si è svolta «l'assemblea degli azionisti, che ha formalizzato la designazione di Roberto Sergio quale nuovo componente del Consiglio di amministrazione Rai, indicandolo per la carica di amministratore delegato». A seguito di tale indicazione, il Consiglio di amministrazione della Rai, riunitosi successivamente, ha provveduto a nominare Roberto Sergio quale nuovo amministratore delegato.
«Espletate le formalità di rito, nel corso della riunione – conclude la nota – il nuovo amministratore delegato ha comunicato di voler nominare Paola Marchesini quale direttore dello staff amministratore delegato e di voler affidare a Giampaolo Rossi il ruolo di direttore generale corporate, ruolo precedentemente ricoperto ad interim dall'amministratore delegato. Il Consiglio di amministrazione Rai ringrazia l'amministratore delegato uscente Carlo Fuortes per il ruolo svolto».
Il nuovo Ad ha ottenuto tre voti a favore, uno contrario e due astensioni, che valgono come un no. A pesare, dunque, il voto favorevole della presidente Marinella Soldi, che in caso di parità vale doppio. A favore anche Simona Agnes, in quota Forza Italia, e Igor De Biasio, in quota Lega. Contraria Francesca Bria, nominata in quota Pd, mentre Alessandro Di Majo, in quota M5S, e il consigliere Riccardo Laganà, eletto dai dipendenti, si sono astenuti.
«La crisi in cui si sta avvitando la Rai e il tentativo politico di occuparla sta tutta nel voto espresso dal Cda di oggi dove la nomina del nuovo Ad Roberto Sergio è passata solo a maggioranza con due astenuti e un voto contrario. Così la nomina da parte del nuovo ad di Giampaolo Rossi come direttore generale fa parte di un copione già scritto che lo vede in questo ruolo solo perché se fosse diventato ad avrebbe dovuto lasciare alla scadenza di questo Cda», commenta l'Esecutivo Usigrai.
«Se così fosse – incalzano i giornalisti – saremmo davanti a un gioco assurdo che non tiene conto degli interessi dell'azienda, ma del singolo. Chissà se Giampaolo Rossi ha cambiato idea sul presidente Mattarella, attaccato varie volte sui social e sul suo blog, pubblicato da Il giornale e se, ora che la presidente Meloni ha rinnovato l'appoggio a Zelensky, ha abbandonato le sue posizioni apertamente filoputiniane. In caso contrario, secondo l'Ad Sergio è questo il profilo adeguato per ricoprire il ruolo di direttore generale della più grande azienda culturale del paese?»
Per l'Usigrai, «anche l'addio di Fabio Fazio alla Rai, con lo strascico di commenti livorosi da parte di esponenti politici e di scaricabarile in Cda su di chi fosse la colpa sono i segni di una occupazione del servizio pubblico già in atto e che anche questo governo e questa maggioranza mostrano di voler utilizzare a piene mani. Non è questa – ribadiscono i rappresentanti sindacali – la stabilità, l'autonomia e l'indipendenza dei vertici Rai che l'Usigrai chiede da sempre e ancor di più da quando la legge Renzi ha messo la Rai nelle mani di governo e maggioranza».
A chi oggi «tenta di arruolare il sindacato in logiche di parte», i giornalisti ricordano che «fu proprio l'Usigrai a scrivere pubblicamente che data la pessima legge di nomina dei vertici Rai, era stato un errore non attribuire al partito di opposizione, che era Fratelli d'Italia, un posto in Cda. I primi atti del nuovo Ad – concludono – non vanno nella direzione auspicata da chi chiede da tempo non un riequilibrio, ma una vera indipendenza della Rai che deve essere al servizio di tutti i cittadini con ogni governo e non a maggioranze alterne». (Da Fnsi.it)