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Riforma equo compenso, ddl Meloni decaduto per le elezioni anticipate. Giornalisti ancora senza minimi ministeriali

Riforma equo compenso, ddl Meloni decaduto per le elezioni anticipate. Giornalisti ancora senza minimi ministeriali

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Lavoro povero. La fine anticipata della legislatura ha annullato, in dirittura d’arrivo, la proposta di legge Meloni di riforma che ampliava e rafforzava l’equo compenso del lavoro autonomo di tutte le libere professioni, ordinistiche o no, disciplinata in atto dalla legge 172/2017. Il tema delle sanzioni deontologiche per gli iscritti agli ordini professionali.

I giornalisti non avrebbero comunque potuto godere dei benefici di questa norma.
L’equo compenso, per gli iscritti agli ordini professionali, si basa infatti sul rispetto dei parametri dei compensi minimi determinati per decreto ministeriale ai sensi della vigente legge 27/2012, che per i giornalisti dopo più di dieci anni continuano ancora a non essere emanati.

La proposta di legge di riforma dell'equo compenso dei liberi professionisti è stata presentata alla Camera il 25 giugno 2021 dalla presidente di Fdi Giorgia Meloni, dal deputato della Lega Jacopo Morrone e dal deputato di Fi Andrea Mandelli. Approvata alla Camera il 14 ottobre 2021, affidata in Senato alla commissione Giustizia in sede redigente ed esitata positivamente senza modifiche il 29 giugno 2022, era in attesa dell’esame finale in Aula. Durante la XVIII legislatura, terminata lo scorso 12 ottobre, erano già state presentate altre cinque proposte di legge sullo stesso tema (una del Movimento 5 stelle, due della Lega, una di Fdi e una di Fi).

Il testo definitivo del ddl pronto per il voto finale in Aula in Senato attribuiva un ruolo più ampio agli ordini professionali nel proporre ogni due anni l'aggiornamento dei parametri, nella facoltà di adire l'autorità giudiziaria per violazioni all'equo compenso, nell'obbligo di sanzionare il mancato rispetto da parte dei professionisti.

Durante il dibattito parlamentare sono emerse contestazioni sul tema delle sanzioni per gli iscritti all'ordine che non rispetteranno l’equo compenso.

La proposta di legge prevedeva che gli ordini e i collegi adottino disposizioni deontologiche volte a sanzionare gli iscritti che accettano di stipulare contratti che violano i principi del compenso “proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professio­nale”.
«Se voglio garantire un compenso adeguato al professionista sanziono il committente, non il professionista», aveva criticato la deputata Chiara Gribaudo. Così come espressa, però, l'obiezione induce una rappresentazione riduttiva e fuorviante, essendo al contrario evidente che l’obiettivo è potere rendere attive procedure per impedire lo sfruttamento, a tutela dei professionisti sottopagati e non certo per recare loro danno. Lo scopo di prevedere l’obbligo della sanzione deontologica è infatti di consentire agli ordini professionali il compito di vigilare e intervenire, identificando quei rapporti che prevedono compensi iniqui e in quanto tali, nulli per legge.

Non si può inoltre non sottolineare, aldilà dell’obbligo previsto nel ddl Meloni, che gli ordini professionali hanno già adottato volontariamente da anni sanzioni per gli iscritti che violano i principi dell’equo compenso. Anche l’ordine dei giornalisti.
La Carta di Firenze contro la precarizzazione del lavoro giornalistico è entrata in vigore il primo gennaio del 2012, intitolata alla memoria di Pierpaolo Faggiano, giornalista pugliese che si tolse la vita nel 2011 per le sue precarie condizioni lavorative. La carta deontologica detta delle norme chiare, rigorose e precise, tra cui per buona sintesi giova ricordarne cinque:
- Ai fini della determinazione dell’adeguatezza dei compensi relativi a prestazioni di natura giornalistica, i consigli regionali dell’Ordine dei Giornalisti adottano e rendono pubblici criteri e parametri di riferimento.
- Tutti i giornalisti sono tenuti a segnalare ai Consigli regionali situazioni di esercizio abusivo della professione e di mancato rispetto della dignità professionale.
- Gli iscritti all’Ordine che rivestano a qualunque titolo ruoli di coordinamento del lavoro giornalistico sono tenuti a non impiegare quei colleghi le cui condizioni lavorative prevedano compensi inadeguati.
- Gli iscritti all’Ordine sono tenuti a non accettare corrispettivi inadeguati o indecorosi per il lavoro giornalistico prestato.
- Sanzioni. La violazione di queste regole, applicative dell'art. 2 della Legge 69/1963, comporta l'avvio di un procedimento disciplinare ai sensi del Titolo III, citata legge.

In merito all’adozione dei “criteri e parametri di riferimento” previsti dalla Carta di Firenze, pur in assenza delle tabelle che il ministero di Giustizia si ostina a non emanare, gli ordini regionali hanno per legge anche il potere - mai abrogato - di emettere pareri di congruità sull’adeguatezza dei compensi. Inoltre, esiste una determinazione ufficiale da parte del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti che si è espresso sull’adeguatezza dei compensi, indicandone l’entità proprio al ministero di Giustizia, nel 2012.
Alcuni ordini, come quello di Sicilia, si rifiutano però di emanare pareri di congruità. Altri, come il Veneto, hanno addirittura la modulistica scaricabile dal proprio sito web.

In presenza di condizioni di lavoro e compensi indecorosi e inadeguati da parte dell'editore, l’obbligo deontologico previsto dalla Carta di Firenze - a carico di direttori e capiservizio di non impiegare colleghi sfruttati e nei confronti dei singoli giornalisti collaboratori di non accettare retribuzioni inique - è il presupposto che consente all’Ordine dei giornalisti di intervenire per identificare e rendere nulla, come la legge prevede, ogni situazione di precarizzazione retributiva. La possibile azione sanzionatoria mira evidentemente a rendere impossibile lo sfruttamento, non certo a penalizzare i giornalisti.

In attesa, quindi, che riprenda da una parte l’iter della legge di riforma e, dall'altra, che il ministero di Giustizia emani le tariffe dei compensi minimi finora negate ai giornalisti, è auspicabile che l’Ordine eserciti pienamente prerogative e poteri attribuiti dalle norme in vigore a tutela della congruità, adeguatezza e decoro della retribuzione, contro la precarizzazione del lavoro giornalistico, finora rimaste inapplicate.

 

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