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Minacce ai giornalisti, 156 casi in 9 mesi. I nuovi dati del Viminale


Crescono del 21 per cento gli episodi di intimidazione ai danni di cronisti censiti dall'Osservatorio del ministero dell'Interno. Quasi una minaccia su due (il 47 per cento) arriva tramite web e social network. Lazio, Toscana, Lombardia e Sicilia le regioni più pericolose.

viminale

Sempre più cronisti finiscono nel mirino. A certificarlo sono, ancora una volta, i dati dell'Osservatorio del ministero dell'Interno sugli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti. Sono 156 gli episodi censiti al 30 settembre 2021, in crescita del 21 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando i casi erano stati 129. Una tendenza all'aumento che viene confermata, dopo un 2020 nel quale i casi censiti sono stati 163 (+87% rispetto agli 87 eventi rilevati nel 2019).

Quasi una minaccia su due (74 casi: il 47 per cento del totale) arriva tramite web e social network. Lazio, Toscana, Lombardia e Sicilia le regioni più pericolose, quelle dove si sono verificati il 59 per cento del totale degli atti intimidatori consumati nel periodo in riferimento. La provincia che ha fatto registrare il numero maggiore di episodi nei primi nove mesi del 2021 è stata Roma con 36 eventi, seguita da Milano con 11 e da Firenze con 8.

Circa un caso su otto (13%) è riconducibile alla matrice della criminalità organizzata; la gran parte delle minacce rivolte ai giornalisti è invece riconducibile a contesti socio/politici (43%) e agli altri contesti (44%).

Il 25 per cento del totale degli episodi (41) è avvenuto nei confronti di giornaliste, il 70 per cento nei confronti di uomini (115). Il restante 5 per cento riguarda episodi avvenuti nei confronti di sedi o immobili appartenenti a redazioni giornalistiche o nei confronti di troupe non meglio specificate.

Uno specifico capitolo del rapporto è dedicato, infine, agli atti intimidatori nei confronti di giornalisti impegnati nelle campagne informative relative all'emergenza pandemica. Sono stati 25 gli episodi censiti al 30 settembre 2021, con riferimento, in particolare, alle manifestazioni di protesta contro le misure del governo per contenere la diffusione della pandemia.

«In tali contesti – evidenzia il il Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza – sono emersi segnali di acredine nei confronti dei giornalisti presenti in piazza che sono stati insultati, invitati ad allontanarsi e, in alcuni casi, accusati di aver "inculcato il timore nella popolazione attraverso la diffusione di notizie non corrette"».

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