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22 anni dall'omicidio del giornalista Beppe Alfano. Si cerca ancora la verità
Ventidue anni fa moriva Beppe Alfano. Corrispondente de La Sicilia di Catania e volto dell'emittente locale Tele News, Alfano era un bravo cronista che molto sapeva della sua Barcellona Pozzo di Gotto, cittadina in quegli anni dilaniata dalla guerra di mafia e dove gli agenti dei servizi segreti, altrove impegnati nella cosiddetta Trattativa Stato - Mafia, erano alla ricerca di capi mafia latitanti. Freddato a pochi metri da casa, nella sua auto, una notte di Gennaio, qualche minuto dopo aver lasciato sull'uscio moglie e figli piccoli. Ancor più che la sua morte sono i ventidue anni seguenti a fare di Beppe Alfano, ancora oggi, il simbolo di un giornalismo di trincea, praticato in silenzio da tanti colleghi, il più delle volte senza alcuna tutela. Un giornalismo, soprattutto, del quale c'è sempre più bisogno.
Perché a 22 anni di distanza, e malgrado una sentenza passata in giudicato che condanna all'ergastolo l'autotrasportatore Antonino Merlino come esecutore e il capomafia Beppe Gullotti come mandante, la verità sull'omicidio di Beppe Alfano non è ancora emersa.
Lo confermano le recenti rivelazioni dell'ultimo pentito barcellonese, Carmelo D'Amico. Il collaborante, ex capo dell'ala militare del clan, si è autoaccusato di 45 omicidi, tra i quali quello di Antonino Mazza, editore di Tele News, trucidato pochi mesi dopo l'assassinio del giornalista. Ed ha discolpato Merlino dal ruolo di killer di Alfano. Ad uccidere Beppe sarebbe stata un'altra persona, e un altro è il movente.
D'Amico starebbe anche parlando della latitanza di Nitto Santapaola a Barcellona, proprio in quegli anni. Una presenza che le inchieste della magistratura hanno soltanto sfiorato, sino ad oggi, senza riuscire a scrivere nulla di concreto. Molto ne hanno scritto, invece, giornalisti d'inchiesta e blogger. La famiglia Alfano, alla ricerca da sempre dei "mandanti occulti", in questi anni ha spesso legato la presenza dei latitanti a Barcellona - non soltanto Santapaola - ai retroscena dell'assassinio del cronista.
Perché a 22 anni di distanza, e malgrado una sentenza passata in giudicato che condanna all'ergastolo l'autotrasportatore Antonino Merlino come esecutore e il capomafia Beppe Gullotti come mandante, la verità sull'omicidio di Beppe Alfano non è ancora emersa.
Lo confermano le recenti rivelazioni dell'ultimo pentito barcellonese, Carmelo D'Amico. Il collaborante, ex capo dell'ala militare del clan, si è autoaccusato di 45 omicidi, tra i quali quello di Antonino Mazza, editore di Tele News, trucidato pochi mesi dopo l'assassinio del giornalista. Ed ha discolpato Merlino dal ruolo di killer di Alfano. Ad uccidere Beppe sarebbe stata un'altra persona, e un altro è il movente.
D'Amico starebbe anche parlando della latitanza di Nitto Santapaola a Barcellona, proprio in quegli anni. Una presenza che le inchieste della magistratura hanno soltanto sfiorato, sino ad oggi, senza riuscire a scrivere nulla di concreto. Molto ne hanno scritto, invece, giornalisti d'inchiesta e blogger. La famiglia Alfano, alla ricerca da sempre dei "mandanti occulti", in questi anni ha spesso legato la presenza dei latitanti a Barcellona - non soltanto Santapaola - ai retroscena dell'assassinio del cronista.