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Il rafforzamento della presunzione d’innocenza va applicato senza ostacolare libertà d’informazione e diritto di critica


Nino Caleca

Il legislatore nell’introdurre nuove norme che incidono sul versante mediatico valuti anche come i giudici di Strasburgo abbiano sempre evidenziato il ruolo di fondamentale "cane da guardia" della democrazia che la libera stampa svolge nelle società democratiche.

Il decreto legislativo n. 188 del 2021 contiene poche norme, solo 6 articoli. Ma è destinato ad incidere notevolmente sul futuro della cronaca giudiziaria. Si tratta delle norme con le quali il legislatore ha ritenuto di rafforzare alcuni aspetti della presunzione di innocenza delle persone fisiche sottoposte a indagini o imputati in procedimenti penali e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, come si legge nell’articolo 1.

Già la lettura dell’oggetto del testo normativo crea un certo disagio nell’interprete. Ci troviamo innanzi a norme che ci appaiono estranee all’usuale argomentare giuridico e che contengono termini che necessitano di adeguata interpretazione.

Occorre subito dire che il testo del provvedimento “ce lo ha chiesto l’Europa”, come si usa dire di questi tempi. Con il decreto legislativo si pretende di determinare il “compiuto adeguamento” dell’ordinamento interno alla direttiva eurounitaria 2016/343/UE, adeguamento che ci è stato sostanzialmente sollecitato con la prima Relazione della Commissione europea del 31 marzo 2021 sullo stato dell’attuazione della direttiva citata. Il nostro legislatore ha dovuto provvedere.

Le norme incidono sul versante mediatico della comunicazione istituzionale e sulla motivazione dei provvedimenti giudiziari.

L’articolo 2 del decreto detta un divieto indirizzato alle autorità pubbliche, alle quali è proibito «di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili». Se il divieto viene violato, il cittadino ha diritto a chiedere la pubblica rettifica della dichiarazione illegittima ed il risarcimento del danno. La rettifica deve essere immediatamente effettuata con le medesime modalità della dichiarazione che ne garantiscano la massima diffusione. Se il cittadino non ottiene la rettifica può rivolgersi al tribunale civile per chiedere un provvedimento satisfattivo urgente.

I successivi articoli sono dedicati alle modalità con cui gli uffici giudiziari possono fornire le informazioni ed al contenuto dei provvedimenti giurisdizionali che dovranno comunque essere rispettosi del principio di presunzione di innocenza fino alla decisione definitiva ed irrevocabile.

A mio avviso, la norma che maggiormente potrebbe incidere sulla possibilità di continuare a fare libera cronaca giudiziaria è l’articolo 2 appena sopra citato.

È assolutamente pacifico, intanto, che tra i destinatari del comando che impone il divieto di presentare come colpevole chi ancora non lo è non rientrano i giornalisti.

Con il termine “autorità pubbliche” si è inteso includere ogni autorità, anche estranea al mondo giudiziario, titolare di un pubblico potere e cioè alle autorità politiche, amministrative ed elettive, come esplicitamente previsto dalla giurisprudenza della Corte EDU.

In teoria nulla dovrebbe cambiare per i giornalisti e per il loro diritto a non rivelare le fonti. Il pericolo per la cronaca giudiziaria sta nella oggettiva capacità della norma di produrre effetti anche al di fuori del proprio ambito di stretta applicazione.

In sostanza, se l’autorità pubblica che ha violato il divieto ed ha indicato colpevole chi ancora non è stato condannato con sentenza definitiva verrà condannata a risarcire il danno, è decisamente probabile che un’azione di identico contenuto verrà, di seguito, intrapresa nei confronti del giornalista che ha riportato la notizia.

La precedente condanna che ha certificato la lesione del diritto alla presunzione di innocenza potrebbe influire nel giudizio a carico del giornalista.

Ha scritto Nello Rossi su ‘Questione Giustizia’: “Se al cittadino viene attribuito il diritto di chiedere la “rettifica” di dichiarazioni di pubbliche autorità e la “correzione” di provvedimenti giudiziari per così dire interinali, ne sarà di riflesso rafforzato anche il diritto di chiedere la rettifica di informazioni inesatte, infondate e pregiudizievoli perché lesive della presunzione di innocenza. E del pari egli potrà chiedere tutela nei confronti dei processi televisivi nei quali vengano espressi espliciti giudizi di colpevolezza o elencati – veri o presunti - indizi di colpevolezza a suo carico”.

Per evitare che ciò accada occorre ricordare che questa norma che l’Europa ci ha chiesto deve essere interpretata in conformità con le pronunzie che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dedicato al diritto di cronaca.

Vale la pena ricordare che la Corte ha ritenuto ingiusta la condanna ad una pena, sebbene minima, di un giornalista per avere definito “delinquente” un politico che non aveva subito alcuna condanna penale (C. eur. dir. uomo, sez. IV, 23 ottobre 2012, ric. n. 19127/06, Jucha e Zak c. Polonia).

Nel corpo della motivazione la Corte precisa che il politico in questione, pur non avendo mai commesso alcun crimine accertato con sentenza definitiva, era personaggio molto discusso il quale era stato coinvolto in numerosi procedimenti giudiziari.

I giudici di Strasburgo ricordano la propria antecedente giurisprudenza ed evidenziano il ruolo di fondamentale "cane da guardia" della democrazia che la libera stampa svolge nelle società democratiche.

Il diritto europeo gode ormai di riconosciuta “primazia” rispetto al diritto interno ed allora applichiamolo in tutta la sua interezza ed evitiamo che interpretazioni parziali che si traducano in una infelice eterogenesi dei fini: le norme che si sono volute per tutelare la presunzione di innocenza si trasformano in ostacolo alla libertà di informazione e diritto di critica.

Nino Caleca, avvocato

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