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L’identità del giornalista in Italia, un ordine professionale da rifondare. Seminario a Palermo con il presidente nazionale Carlo Bartoli

L’identità del giornalista in Italia, un ordine professionale da rifondare. Seminario a Palermo con il presidente nazionale Carlo Bartoli

Un dibattito promosso da Odg e Assostampa su riforma, accesso alla professione, formazione e disciplina, inadempienze che impediscono l’equo compenso soltanto ai giornalisti, la mancata applicazione della Carta di Firenze nei casi di sfruttamento e precarizzazione.

“Il futuro del giornalismo in Italia è il futuro della democrazia quindi della nostra libertà”, ha sottolineato il presidente nazionale Odg Carlo Bartoli.

Il futuro di una categoria che si interroga sulla propria identità professionale e il suo delicato ruolo sociale, in una dimensione lavorativa sempre più precaria, per riformulare un’arcaica legge istitutiva di 59 anni fa. È l’ampio tema dibattuto durante i lavori dell’evento formativo “Giornalista ieri, oggi, domani: la professione che cambia, il mestiere che sarà”, tenuto presso la sede dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, in via Bernini a Palermo.
Tantissimi gli aspetti su criticità, tutele e progetto di riforma della professione trattati duranti gli interventi del presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti Carlo Bartoli, del presidente dell’Ordine regionale Roberto Gueli, del presidente del Comitato Speciale Riforma del Cnog Riccardo Arena, del segretario regionale Assostampa Sicilia Roberto Ginex.

Roberto Gueli ha rivendicato il ruolo propositivo che l’Ordine di Sicilia può e vuole avere nel processo di riforma, nell’applicazione dell’equo compenso ai giornalisti, nel contrasto alle querele temerarie e all’esercizio abusivo della professione, in un percorso di stretta collaborazione con l’Assostampa, con cui si è condivisa l’idea di realizzare questo seminario.

Roberto Ginex ha sottolineato l’importanza dell’impegno comune intrapreso da Ordine e Sindacato, non solo per la programmazione di eventi formativi come questo, fortemente voluto, ma per il nuovo impulso dato all’Osservatorio per l’attuazione delle Carta di Firenze e la decisione di sollecitare congiuntamente il Ministero della Giustizia all’adempimento di emanare le tariffe dell’equo compenso dei giornalisti, unica categoria vittima di quest'omissione.

Riccardo Arena, consigliere nazionale Odg, ha tratteggiato il percorso avviato dal Comitato Speciale Riforma da lui presieduto attraverso le audizioni, a partire dal segretario generale FNSI Raffaele Lorusso, con tutti gli attori e i testimoni delle criticità significative della categoria. «L’articolo 2 della legge 69 del 1963 è ancora la pietra angolare su cui costruire la nuova normativa. Una legge moderna non può che premiare chi prevalentemente svolge questo mestiere. Esiste un mondo parallelo, quello dei social, che aggira il mondo dell’informazione utilizzando la “libertà di espressione” e che fa miliardi ogni giorno, violando le regole. Non riusciamo, tuttavia, a fare riconoscere l’esercizio abusivo della nostra professione. L’accesso al giornalismo va adeguato a quello delle altre professioni e prevedere il possesso di una laurea. La figura del pubblicista va ripensata. Occorrono modalità di formazione più realistiche e efficaci. Infine, vanno rivisti aspetti che regolamentano la disciplina, che ha un problema fondamentale, l’inefficacia. A oggi va sospeso chi è arrestato o in custodia cautelare ma finito questo periodo si può essere riammessi all’Ordine. Vanno studiati meccanismi di selezione dei consiglieri di disciplina. È necessario uno strumento più diretto di intervento, che segua il procedimento disciplinare, fino al procedimento per direttissima che consenta di tenere fuori dall’Ordine chi si è reso responsabile di comportamenti molto gravi. Accesso, formazione, disciplina, sono i punti nodali e l’obiettivo a cui punta il Comitato per la riforma».

Carlo Bartali 2022Carlo Bartoli, ha colto «un bellissimo segnale» nell’iniziativa congiunta Ordine-Assostampa di questo dibattito formativo sui temi della riforma. Il presidente Cnog ha affrontato anche il tema attualissimo della presunzione d’innocenza: «Un provvedimento approvato dal Parlamento nell’indifferenza generale. Non c’è un solo direttore che abbia speso una virgola su questo tema, quasi che non lo riguardasse. Abbiamo cercato, tra gli altri aspetti, di porre un evidente problema di professionalità: se la legge stabilisce delle forme attraverso le quali le notizie devono essere fornite, ci siano dei professionisti ed uffici stampa in ogni Procura - quindi assunzioni di giornalisti - perché questa selezione non può essere operata da un Procuratore della Repubblica».
Bartoli volge lo sguardo al futuro: «Occorre allargare i confini del giornalismo, aprire ad altre professionalità. Non dobbiamo lasciare ad altri il campo dell’informazione, come al social media manager laureato in informatica. Dobbiamo, inoltre, cambiare il nostro modo di chiedere sostegni all’editoria. Pensiamo ad altre esperienze, ai modelli che vengono utilizzati in altri Paesi. Senza pluralismo, senza informazione, non c’è democrazia. Il futuro del giornalismo non è solo quello che determina i nostri destini individuali, ma è qualcosa che non vorremmo venisse mai corrotto: la democrazia, quindi la libertà».

Il dibattito ha fatto emergere, non solo dagli interventi dei relatori ma anche attraverso i vari contributi dei giornalisti presenti al seminario, numerosi aspetti e riflessioni da considerare nell’affrontare l’opera di riforma.
La grave precarizzazione della professione è affrontata deontologicamente dalla Carta di Firenze. Un aspetto preliminare è che lo sfruttamento viene definito dal rispetto dell’equo compenso, grave lacuna normativa del settore dell'informazione, quindi l’Ordine dei giornalisti deve fare, semplicemente, quello che hanno fatto gli altri ordini professionali, mettere in mora il ministero di Giustizia per inadempienza rispetto alla legge 27/2012 e ricorrere successivamente al Tar per ottenere l’emanazione delle tabelle dei parametri dei compensi minimi. Aspetto essenziale espresso nella Carta di Firenze è quello che direttori e coordinatori non devono utilizzare come redattori i colleghi precari sfruttati, opponendo all’editore un legittimo rifiuto, pena la sospensione dall’Ordine. Il Cnog non riesce, a 10 anni dalla sua entrata in vigore, a fare applicare questo semplice meccanismo disciplinare, occorre quindi che i suoi termini di applicazione vengano resi più stringenti e previsti per legge. È certo che rendere possibile lo sfruttamento contraddice l’obbligo di “promuovere lo spirito di collaborazione tra i colleghi” stabilito all’art. 2 della legge 69/1963, sarebbe opportuno che la legge di riforma recasse una disposizione più precisa in tal senso, a tutela della dignità professionale del giornalista.
Appare oggi anacronistica la distinzione in due elenchi, dei professionisti e dei pubblicisti, che per legge hanno entrambi lo stesso titolo di giornalista e svolgono l’attività in modo non occasionale. L’accesso all’esame di Stato ha senso avvenga secondo il criterio consolidato adottato da oltre vent’anni nelle scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine, cioè possesso di una laurea triennale e master biennale in giornalismo. I lavoratori autonomi, in quanto comunque “non occasionali”, per mantenere l’iscrizione dovrebbero essere iscritti alla gestione separata dell’Inpgi. La riforma quindi preveda i versamenti previdenziali come espresso requisito.
In una realtà lavorativa dove le competenze professionali si evolvono continuamente, la legge istitutiva 69/1963 non dà affatto una definizione del giornalista, dove invece il medico, l’ingegnere, il commercialista viene definito dal possesso di competenze disciplinari specifiche acquisite attraverso la laurea. Un ordine professionale non viene istituito per la tutela di chi ne fa parte, ma per garantire i cittadini che i suoi iscritti possiedono le determinate competenze che definiscono quella professione. Attualmente l’attività di “comunicazione di massa delle notizie”, cioè l’attività d'informazione giornalistica, avviene anche legalmente attraverso blog (o testate che non hanno l’obbligo di registrazione in Tribunale perché al di sotto di determinati parametri) e sostanzialmente anche attraverso nuove professionalità, come il cosiddetto social media manager. Se la missione istituzionale dell’Ordine dei giornalisti è quella di regolamentare attraverso la deontologia l’attività di comunicazione di massa di notizie, non può essere sottratta una parte significativa dei massmedia, oggi per lo più digitali, dalla regolamentazione che mira, ad esempio, al contrasto delle fake-news. Una risposta potrebbe essere un nuovo Ordine che gestisca due albi, quello dei giornalisti e quello dei comunicatori, entrambi soggetti a regole deontologiche sulla correttezza della comunicazione. Analogamente a quanto già avviene per l’Ordine dei medici, che comprende gli albi di due distinte professioni, i medici chirurghi e gli odontoiatri. Peraltro, se la comunicazione di massa avviene ad opera di due professioni distinte ma complementari, giornalisti e comunicatori, andrebbero entrambe rigorosamente regolamentate, esattamente come lo sono i medici e gli infermieri.
Per quanto riguarda la formazione continua obbligatoria, andrebbe favorita l’acquisizione di specifiche competenze digitali, già indicate all’interno dei profili professionali del contratto di lavoro giornalistico dei periodici online Fnsi-Anso-Fisc. Le mansioni riportate all’art. 3 sono: redattore digitale (web editor), videomaker, web imagine editor, social media e community manager, sviluppatore digitale (web developer), web designer, AI editor (applicativi di intelligenza artificiale), fact checking editor (o debunker), data and visual editor, audio editor and moderator, VR and AR editor (realtà virtuale o aumentata), Data Journalist. Occorre quindi tenere conto di come realisticamente, attraverso gli istituti contrattuali, viene intesa e svolta oggi l'attività giornalistica.

 

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